Ravenna, 8 Febbraio 2014. Il Teatro Dante Alighieri è gremito. Si celebra il 25° anniversario del Ravenna Festival (nato nel 1990), l’importante manifestazione culturale di rilievo non più nazionale ma definitivamente internazionale, centrata sulla musica classica ma anche su altre discipline artistiche, in una dimensione sempre più multiforme, complessa, polifonica (canto, cinema, ballo, poesia, ecc.).
Al tempo stesso, nel Teatro tirato a lucido per le grandi occasioni, si presenta il cartellone 2014 e sono presenti, insieme al Sindaco della Città Fabrizio Matteucci, i protagonisti del passato e del presente di questa straordinaria avventura culturale.
Vi è, ovviamente, la Presidente del Festival, la Signora Cristina Mazzavillani Muti, accanto al vicepresidente e storico soprintendente Mario Salvagiani, all’attuale soprintendente Antonio De Rosa, ai direttori artistici Franco Masotti e Angelo Nicastro. Il filo conduttore 2014 sarà la celebrazione del centesimo anniversario dello scoppio della Grande Guerra, “l’inutile strage” come la definì il Papa Benedetto XV, ed il titolo ne è una perfetta sintesi: “1914: l’anno che ha cambiato il mondo”.
La presentazione si snoda tra memorie recenti e riconoscimenti, ma quando nel teatro le luci divengono fioche e sullo schermo vengono proiettate le angoscianti immagini del film in bianco e nero del 1918 di Abel Gance “J’accuse”, potente atto d’accusa nei confronti della Guerra e delle sue atrocità, con tutti quei morti distesi a terra sul campo di battaglia, l’emozione è tangibile.
Il film ha termine e sul maxischermo compare l’immagine d’epoca di un quadrupede dalle lunghe orecchie (un mulo …) che annaspa nella neve condotto da un alpino: insieme testimoniano plasticamente tutta la fatica disumana e lo sforzo condiviso di uomini e animali. Eppure appaiono statici, a confronto delle immagini cinematografiche di poc’anzi.
Tuttavia siamo pur sempre a teatro, dove la fantasia deve trovare modo di trafigurare nella realtà.
Così, accompagnati dal canto struggente di un coro alpino, altri anziani alpini avanzano nella penombra e insieme con loro si materializzano, non senza sorpresa per il pubblico, due orecchie ben lunghe e mobili, che fanno capolino da dietro le quinte ma poi avanzano sul palcoscenico, prima titubanti, poi sempre più sicure. Sono quelle dell’asina romagnola Matilda, bardata di un bellissimo basto d’epoca, grigioverde, quest’ultimo davvero vecchio di cent’anni.